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Parole dolenti

Scrive Marc Fumaroli che "la televisione è un ottimo strumento qualora non si abbia nulla da perdere, come nel caso di un paese di indole nomade e privo di radici quale gli Stati Uniti, ma in Europa l’effetto dell’apparecchio televisivo è simile a quello di uno schiacciasassi che riduca la cultura al suo più basso denominatore comune". Parole dolenti, quelle del famoso teorico francese della retorica, eppure, temo, parole inutili, a giudicare dalla condizione di assuefazione pressoché totale della mente umana causata dal diabolico congegno. Ha scritto recentemente Piermaria Sauro di Montechiara, il noto studioso di semantica demonologica: “Solo attraverso l'assoluto e incondizionato digiuno mediatico possiamo sperare di dissipare, almeno in minimissima parte, le tenebre fitte con cui la tecnologia dell'informazione ha mortalmente e irreversibilmente avvinto le nostre menti, trasformandoci in pupazzi di cera ambulanti. Ci hanno convinti che sia necessario ascoltarli, che si debba essere informati, che non sia possibile sopravvivere senza la loro spaventevole volgarità, il riprovevole terrorismo psichico quotidiano, peggiore e più velenoso di ogni altra forma di terrorismo, l'assurda manipolazione della realtà, i degradanti spettacoli di varietà. Questa è la loro Grande Vittoria: il fatto che la gente non rinunci ad ascoltarli, non ritrovi infine la dignità e la forza di riuscire a dire: non accenderò più la televisione, voglio essere libero”.

Potremo mai sperare di ritornare un giorno ad essere delle persone libere?