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Audace scuola boreal

Beatamente ignaro di ben peggiori future usurpazioni che sarebbero accadute nel nostro paese, così andò secoli or sono sermoneggiando adirato il Monti sul decadere della mitologia classica, il cui trono egli ritenne fosse oramai irrimediabilmente usurpato da quella che gli piacque definire la nuova audace scuola boreal:

Audace scuola boreal, dannando
tutti a morte gli Dei, che di leggiadre
fantasie già fiorîr le carte argive
e le latine, di spaventi ha pieno
delle Muse il bel regno. Arco e faretra
toglie ad Amore, ad Imeneo la face,
il cinto a Citerea. Le Grazie anch'esse,
senza il cui riso nulla cosa è bella,
anco le Grazie al tribunal citate
de' novelli maestri alto seduti
cesser proscritte e fuggitive il campo
ai Lemuri e alle streghe. In tenebrose
nebbie soffiate dal gelato Arturo
si cangia (orrendo a dirsi!) il bel zaffiro
dell'italico cielo; in procellosi
venti e bufere le sue molli aurette;
i lieti allori dell'aonie rive
in funebri cipressi; in pianto il riso;
e il tetro solo, il solo tetro è bello.

E tu fra tanta, ohimè! strage di Numi
e tanta morte d'ogni allegra idea,
tu del Ligure Olimpo astro diletto,
Antonietta, a cantar nozze m'inviti?
E vuoi che al figlio tuo, fior de' garzoni,
di rose còlte in Elicona io sparga
il talamo beato? Oh me meschino!
Spenti gli Dei che del piacere ai dolci
fonti i mortali conducean, velando
di lusinghieri adombramenti il vero,
spento lo stesso re de' carmi Apollo,
chi voce mi darà, lena e pensieri
al subbietto gentil convenienti?

Vincenzo Monti, Sulla Mitologia.