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Emblemata

Mi è stato chiesto il perché delle due figure dal capo bendato al sommo della pagina; se abbiano senso emblematico e quale esso sia, nel caso. Non credo si possa realmente squadernare il senso di un simbolo, se non in modo approssimativo, e quindi meramente antologico e pertanto fuorviante. Mi è parso di scorgere nei danzatori bendati della raffigurazione una qualche affinità simbolica con certi qual Latitudinari di cui ho discorso inizialmente, gente che parrebbe prendere disinvoltamente alla larga le cose serie, cercare sempre scorciatoie, non soffermarsi mai al momento giusto, dileggiare gli dèi, ritenere che tutto sia d’intorno dovuto loro gratuitamente, che tutto sia profano, profanatori in fondo essi stessi, popolo del nuovo millennio insomma, succubi di mille spettri, adoratori di schermi a cristalli liquidi, pallide larve trapunte di metallici innesti o di idee d’atroce attualità. La benda potrebbe essere la nebbia che avvolge loro il capo, che si tramandano l’un l’altro, che impedisce loro la vista, che li costringe a menar danza accademica o puramente fatua, danza sommamente imbustata, priva di sentimento, cioè. Emblemata essi stessi del vuoto, tali Latitudinari (di cui già non mancai di ricevere precaria e iniziale notizia illo tempore, prima della catastrofe, quando gli ultimi prati ancora cingevano di margherite le antiche mura della città) mi appaiono epigoni ossessivi di una sconcertante postfilosofia, omuncoli Hitchcockiani destinati a precipitare dalle più alte torri. Ritengo infine, per farla più breve e trasparente, che i simboli non si debbano svelare e che meno si concettualizzi sopra di essi meglio sia, poiché è extra limen che essi andranno ad operare, a trasmettere intuizioni antiche, a scuoterci da questo nostro torpore terminale.